La parte dell'altro

LA PARTE DELL’ALTRO

Lo spettacolo ha debuttato in cartellone al Teatro “Nuovo Studio Foce” di Lugano l’11 gennaio 2008 ed è restato in replica fino al 13.Il 14 e 15 febbraio è stato in scena al Teatro Libero di Milano nell’ambito della rassegna “Circuito Integrato”.


LO SPETTACOLO è DISPONIBILE PER TUTTO IL TERRITORIO ITALIANO E ITALO-SVIZZERO
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cell: 347-1554741 e-mail:desertodentroteatro@libero.it

La Parte dell’altro di Fabio Doriali
– liberamente ispirato dall’omonimo romanzo di E.E.Schmitt -

Regia Fabio Doriali

Con
Fabio Doriali
Mirko D'Urso
Elisabetta Fischer

Assistente alla regia
Ivana Franceschini
Disegno luci
Pierfranco Sofia
Illustrazione originale
Marco Fumi
Assistente di produzione
Federica Corda


Foto di scena










Breve e volutamente opaca sinossi

Schmitt,ancora Schmitt.
Dopo le "Variazioni enigmatiche", allestite nel 2005 e riprese nel 2006, il gruppo teatrale italo-svizzero DESERTODENTROTEATRO torna al grande scrittore e drammaturgo francese portando in scena un'opera prima, tratta dal suo romanzo "La parte dell'altro", dove si intersecano le storie dell'Adolf Hitler storico e di un suo quasi omonimo che fa il pittore, passione giovanile del futuro dittatore tedesco.
La pièce, opera del regista e attore Fabio Doriali, è candidamente ambientata a Monaco di Baviera, 7 novembre 1923 e mette in scena in unità di azione e luogo i 2 Adolf.
Adolf H., interpretato dall'attore ticinese Mirko D'Urso, fa il pittore. Adolf HITLER (lo stesso Doriali), no. E' un giovane politico che si prepara ad un atto clamoroso: il "putsch", il tentativo di destituire il governo bavarese. Poi c'è una donna, la giovane attrice italiana Elisabetta Fischer, che è fidanzata del pittore e riceve nel suo negozio di parrucchiera il giovane politico.
Lo spettacolo, 2 atti per complessivi 80 minuti di rappresentazione + intervallo, si svolge quindi nell'ambientazione di una barberia bavarese.
Così, in un encadrement storico, si srotola questa "Parte dell'altro": mentre Sarah vive il dramma del crepuscolo del suo rapporto sentimentale con Adolf H., in profonda crisi esistenziale e artistica, il cliente Adolf Hitler viene a farsi sbarbare dalla sua parrucchiera.
Poi, il gorgo.
Il vortice che assorbe i protagonisti in un gioco al massacro ha inizio all'incontro dei due Adolf: l'uno impegnato nel bestemmiare il suo passato e la sua arte stinta nella consapevolezza della distanza del mondo da sé, l'altro venuto a farsi sbarbare e poi deciso a passare la notte della vigilia del suo tentativo di colpo di stato nell'atelier della barberia di fiducia per "non farsi inquinare" nei suoi propositi dal mondo che circonda.Due artisti in cerca di rifugio e fuga dalla realtà, due cercatori di impossibile.Loro, i 2 Hitler si confronteranno e si azzanneranno, schiavi delle loro scelte assolute, delle loro rinunce, delle loro incapacità ad essere parte del mondo che li circonda. Il pittore, stanco di vivere la dimensione di un'arte su cui il mondo sputa, il politico teso a sviluppare le proprie trame perché profondamente nauseato dalla società tedesca dell'epoca, innamorato della propria anima, deciso a vomitare al mondo il "come si deve morire", con "la fronte sempre a sfiorare le nuvole".
Tra odore di vernice rinsecchita e candeggina, nella crescente tensione determinata anche dalla scelta del politico di bendarsi (l'attore Fabio Doriali è in scena realmente bendato per oltre metà dello spettacolo) per non essere contaminato nella sua volontà di salvare al Germania.Prima del sorprendente ed emozionante finale in cui Sarah, la parrucchiera, dovrà necessariamente scegliere uno dei 2 da salvare e uno da ammazzare.
Pistole, pennelli, quadri, cappelli, acqua, cognac, specchi, catene, fiori. La scena si popola dei segni dello scontro tra i due omonimi, tra i due fratelli contro, tra i due uomini separati dalla impossibilità dello loro scelta.Lo scontro tra i due è il trattenere il respiro per non singhiozzare. Ma il singhiozzo è difficile da trattenere… di più ancora il cane, il mostro che urla contro il cuore dei protagonisti di questa storia.
Una colossale riflessione sull'arte e sulla capacità di scelta individuale, uno spettacolo che mescola il grottesco ad una corda emotiva che i personaggi tirano senza sosta fino all'insopportabile. Sì, perché i due si annusano e si riconoscono simili ed antitetici, opposti e tesi all'annientamento reciproco.Il principio del nemico interiore dell'interiorità contro l'esteriorità, del negare l'essenza seppellendola sotto una corazza di scontro.
Siamo lontani dall'ipocrisia delle convenzioni. Entrambi consapevoli della loro diversità dal mondo, il pittore tende a rinserrarsi in sé, violentando la propria stella, mentre il politico tende al dominio del fanatismo, alla parola salvifica, al guidare verso le fiamme quelli che potranno seguire.In una dimensione salvifica e quindi, necessariamente, fittizia. A scanso di pericolosi equivoci, DESERTODENTROTEATRO, ribadisce a coloro che non hanno visto lo spettacoloso, che il testo e la regia sono lontanissimi dall'esprimere una specie di apologia del nazismo. Tutto ciò e chiarissimo per chi ha visto lo spettacolo. Ci teniamo che lo sia anche per chi non vi ha assistito e potrebbe lasciarsi fuorviare dall'escamotage teatrale.Qui si parla di arte e di cercatori di arte.
Di fanatismo (non si è artisti se non si è fanatici, questo l'assunto).Di impossibilità e rinuncia.Di corpo negato e corpo ritrovato come topos dell'esistenza.Di segni espressionisti in un'identità simbolica che si iscrive negli anni del nazismo ma che ne depassa la storicità per porsi come obbiettivo la nostra spersonalizzante epoca.
Dopo i 2 Hitler, resteranno solo gli uomini larva.
Perché, come dice la parrucchiera Sarah, "Adolf diventerà un artista perché è un uomo mancato mentre Hitler arriverà al potere perché è un artista mancato".
Quel che resta alla fine del singhiozzo, quando l'uragano si è ormai esaurito, è solo una lanterna che illumina il senso pieno dell'arte, il punto di vista della mancanza assoluta di compassione dei due Adolf.
Ma è arte questa?Questa la domanda, nella consueta messa in scena "forte" di DESERTODENTROTEATRO: fredde e fioche luci al neon diffuse da lampadari parte della scenografia si alternano a caldi riflessi ambra nella dimensione "domestica" dello spazio scenico e tagli improvvisi di candore accecante (opera del light designer Pierfranco Sofia).
Profumi, brillantina, schiuma da barba, rasoi, sedie da barbiere, fiori, il letto della parrucchiera e la postazione (sedia, specchio, toletta) dove si svolge la sua professione. Scenografia essenziale ed evocativa tra trasparenze plastiche, catene appese tra il biancore dell'atelier da parrucchiera di Sarah.
Estrema l'attenzione riservata alla musica come parte integrante dello spettacolo: in scena gli attori accendono e spengono una radio diffondendo Wagner e le musiche diffuse dalla console di regia formano una scenografia sorprendente, un gioco teatrale sospeso tra la il tangibile dell'attimo e i deragliamenti nel delirio. Un' alternanza di melodie oniriche e misteriose e affondi elettronici, un pulsare di macchine quando il sangue ribolle.

Fabio Doriali

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